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      Due reggimenti di Vestfalia che stavano co' Francesi alle difese di Dresda, viste le bandiere d'Austria e l'opportunità di fuggire, andarono al nemico, ed assaltarono il campo che avevano debito di guardare: furono accolti ed onorati del nome di veri Alemanni. L'esempio si diffuse, tutto il contingente vesfalico a battaglioni disertò. Su le rive dell'Inn, i Bavari e gli Austriaci, nemici per legge, stavano uniti e spensierati come suole ne' campi di comune esercizio. E poco appresso il generale bavaro de Wrede, capo di quelle schiere, stringe alleanza coll'Austria, disobbedisce a' desidèri del suo re, e frattanto n'è lodato, e in premio e memoria di tradimento e d'ingratitudine ottiene la conferma di ricchissimo dono in terre fattogli anni addietro dall'imperatore Napoleone. Raduna schiere maggiori, e dopo alcuni di spera in Hanau chiudere il passo all'esercito francese, che ritiravasi al Reno; la quale sollecitudine di opere e di sdegno fu ammirata e chiamata "eroica" da' principi alleati. Disertarono i battaglioni di Baden e di Wurtemberg per unirsi al nemico. A tante ribellioni mancava la suprema e si avverò in Lipsia: le sopradette erano seguite più spesso nella notte, mentre gli eserciti riposavano, la guerra era sospesa, e le tenebre nascondevano la prima infamia del misfatto. Ma in Lipsia l'esercito sassone stava in ordinanza al centro della prima linea francese, e solamente pochi battaglioni nella seconda o in riserva: il vecchio re di Sassonia, costante alla giurata fede. amico a Buonaparte, attendava con la famiglia nel quartiere generale francese: combattevano le due parti con fortuna incerta. quando furono visti i Sassoni, a pieno giorno, seguendo schierati in battaglia il generale Normann, avanzare con istraordinaria celerità verso il nemico, non a combatterlo, ma ad ingrossarlo; e giunti, e girandosi, trovarsi in avanguardia degli eserciti russo e svedese, e venir con essi per occupare nemichevolmente il terreno lasciato vuoto per lo abbandono, se con maggior impeto non lo avesse innanzi occupato Murat; e quei traditori combattere audacemente il resto della battaglia, non rattenuti dal pensiero che ogni colpo poteva uccidere un sassone dei battaglioni rimasti fidi, o l'istesso re di Sassonia.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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