Se ne sono palesati i segni negli Abruzzi e nelle Calabrie; in Polistena è stato eretto l'oramai disusato albero di libertà, e bisognarono ad abbatterlo forza di soldati e prudenza. L'esercito ha disciplina non salda. Lo spavento che già si aveva del re Ferdinando, gran forza interna per il re Gioacchino, dopo gli ultimi fatti della Sicilia è cessato in molti, scemato in tutti, convertito a speranza in alcuni. Ella, o sire, per ingegno e valore trionferà de' suoi nemici, ma con quanti danni e quante morti per guerra, punizioni e vendette? E se mai dal troppo numero di nemici esterni e dalle troppe interne ribellioni fussimo vinti? Rifuggo dalla immagine di un regno preso per conquista dall'antico re Ferdinando e dagli Inglesi. E tanti pericoli e tanti travagli qual fine avrebbero? L'imperator de' Francesi, avendo oramai contrario il disperato coraggio di re, di eserciti e di popoli infedeli, è favola o sogno ch'egli vinca tutti i ritorni alla signoria del mondo; avrà l'impero tra l'Oceano e 'l Reno; rinunzierà alla Spagna, alla Germania, alla Italia; decadrà in possanza. Ma Vostra Maestà cadrà affatto dal trono; e noi, e noi popolo vinto o ceduto, soggiaceremo al flagello de' nostri antichi re, viepiù fieri al ritorno, perché animati da conquista e da lunghi sdegni. Tutto il bene che i due re francesi avran fatto al regno, sparirà in un giorno, e della rivoluzione non resterà documento, fuorché le liste delle vendette. L'interesse dei Napoletani è dunque il conservarsi con Vostra Maestà le instituzioni del suo regno. Il modo certo ed italiano per ottenerlo sarebbe, accordandosi Vostra Maestà col viceré d'Italia per un trattato comune coi re alleati, patteggiare (facil cosa se foste insieme) la indipendenza d'Italia.
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