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      La disciplina (l'ho detto altrove e ad ogni nuovo esempio vo' ripeterlo) non è merito dei soggetti, è virtù del capo; e ben dico virtù, se costa sforzi magnanimi ad esercitarla, severità di costumi, giustizia continua, inflessibilità, e mentre il sentimento più naturale ad uomini che vivono in travagli e pericoli comuni sarebbe il vicendevole amore, sopprimerlo nel suo cuore, non aspettarlo da' sottoposti, e desiderare in essi timore, ammirazione, rispetto; sentimenti che s'imprimono per propria fatica ed amaritudini. Il re a sedare l'audacia de' suoi generali adoperò le minacce, poi le seduzioni, ma non furono da quelle arti spaventati né presi. Poté l'affetto. In quel mezzo annunziato l'arrivo di Bentinck, che, superbo e da nemico, benché fosse alleato, veniva a chiedere al re la cessione di Livorno ed altre non minori cose, Gioacchino, disse: - Egli giunge in mal tempo per me, che mai gli dirò? dove troverò forza da sostenere il decoro di re e di capo dell'esercito, or che questo esercito ed i miei generali sono contro me ribellati? - Due di loro, presenti, sentirono tenerezza e vergogna, comunicarono quegli affetti agli altri, che nel giorno medesimo adunati andarono al re con atti di sommissione e promessa di piena obbedienza. Fini quel moto nel campo, ma ne rimasero la memoria e l'esempio; la disciplina peggiorò, i cieli maturavano la catastrofe dell'anno seguente.
      LXII. Intanto il papa giungeva al Taro, e Gioacchino in Bologna nol sapeva che dal grido pubblico. Fu primo pensiero il non riceverlo, ma con quali armi contrasterebbe, con quali inciampi ritarderebbe l'uomo che procedeva sicuro, portato irresistibilmente dalle opinioni e dal popolo? Il generale Nugent, senz'aspettare gli ordini del re, che pur era suo capo, lo aveva ricevuto sul confine, e con riverente pompa militare lo scortava sino alle rive dell'Enza, che i Napoletani guernivano.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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