Mancava il tempo a' dubbi e al consiglio. Il re scrisse al generale Carascosa, comandante dell'avanguardia, di andare incontro al pontefice, e con tutti i mezzi di persuasione o d'industria trattenerlo sul cammino o in Reggio. Non appena il generale giunto al fiume, vi giugneva dall'altra sponda Pio VII, con seco popolo innumerabile e devoto, ed una scorta magnifica di cavalieri tedeschi, che, benedetti e ringraziati, tornarono a Parma; mentre il popolo, accresciuto di altre genti, proseguiva col papa verso Reggio. E poiché le carrozze non si arrestarono, il Carascosa non entrò a parlamento e seguì la calca. Non andava scorta ordinata di milizia napoletana ma soldati ed uffiziali, confusi volontariamente nella folla, ingrandivano la riverenza e le maraviglie dello spettacolo. Molti de' popolani spingevano la carrozza dov'era il papa, né già per bisogno, ma in segno di bassa servitù; e tra quelli si scorgevano più zelanti e devoti alcuni uffiziali di Napoli con abito militare.
In Reggio, il general Carascosa, subito ammesso alla presenza di Pio, dopo atti di riverenza, ch'egli fece ossequiosamente, e l'altro accolse con benignissimo aspetto (offrendo al primo incontro la mano a baciarla, per allontanare il sospetto di maggior culto), il generale dimandò qual fosse il disegno di Sua Santità, ed egli: - Proseguire il cammino verso Bologna... - Ma Sua Maestà il re di Napoli ignora l'arrivo della Santità Vostra, nulla è preparato al ricevimento... - E nulla, risponde, io desidero dalla Maestà Sua, alla quale spero i divini favori... - I cavalli delle poste sono impiegati al militare servizio, e senza gli anticipati provvedimenti potrebbe Vostra Santità non trovarne che bastassero al suo viaggio.
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