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      Minacce terribili a Gioacchino, pensando allo stato interno del regno ed agli apparecchi ostili del re di Sicilia. Le speranze ne' rivolgimenti d'Italia erano anch'esse svanite, perocché gli editti e i discorsi del re non altro avean prodotto che voti, applausi, rime pubblicate, orazioni al popolo, ma non armi e non opere; ossia molti per lo avvenire cimenti di Polizia, nessuno di guerra. I dodici e i quattro reggimenti promessi, erano per vanto, non veri: si aprì registro di volontari, e restò quasi vuoto; i tenuti in prigione dai Tedeschi per colpe o sospetti di Stato, fatti liberi da noi, tornarono queti alle case, ammaestrati, non irritati dal carcere; la fidanza che le milizie italiane si unissero alle nostre era affatto perduta, da che un reggimento modenese afforzava i Tedeschi di Bianchi, e due di Toscana i Tedeschi di Nugent; né quelle alleanze, né la nimicizia per i Napoletani erano volontarie, ma le sforzava condizione dei tempi, e calcolata misura dei pericoli e de' successi, consigliatrici benevoli di vivere modesto e riposato, ma contrarie alle imprese ed a' rivolgimenti. Perciò i tumulti italiani del 1814, che per lo passato avevano servito a precipitare i consigli di Gioacchino, nel presente operavano scandalo e danno comune. Sì che meno infelici sarebbero le nostre genti se avessero il cuore libero come il labbro, o servo il labbro ed il cuore.
      Condizioni sì gravi ed inattese indussero il re a radunare in Consiglio i suoi ministri ed i primi dei generali: essendo antico fallo nelle avversità di fortuna dimandare consiglio a' minori, ossia attenuare in questi le persuasioni e l'obbedienza quando si vorrebbero a maggiori e più cieca; ed eccitare in parecchi, per la inevitabile varietà delle sentenze, il desiderio quasi direi di alcun danno, per poi menar vanto del proprio ingegno a biasimo de' contradittori.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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