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      Si ruppero infine, e disordinatamente rivalicarono il fiume; ma poiché combattendo e perdendo eransi arrestati, s'imbatterono sotto la linea del battaglione napoletano, messo ad agguato nell'acqua; al quale, creduto amico, confidentemente avvicinandosi e dando voce di riconoscimento, scoperti Tedeschi, ebbero in risposta più offese, più morti e più danni. Cinquecento morirono, e appena cinquanta dalla nostra parte; erano quattromila i perdenti, mila e quattrocento i vincitori: del maraviglioso successo cagioni la notte, e l'ardita pruova del Malchevski.
      Il re, avvisato di quello ardire, nuovo alla prudenza di Neipperg, immaginando che necessità lo spingesse a combattere, sperò battaglia per il dì vegnente. Egli non poteva cercare il nemico ne' suoi campi, perocché quello, ritirandosi, lo avrebbe menato lontano dalla frontiera del regno, e dato tempo ed agevolezza alle opere di Bianchi, degli Inglesi e del re di Sicilia; ma desiderava di essere attaccato dal Neipperg, confidando, mercé il maggior numero di combattenti e la maggior arte, di vincerlo. Per ciò nella notte stessa levò il campo dalla sponda del Ronco, sguarnì Forlimpopoli, retrocedé, e sebbene ordinato a battaglia, parte delle sue schiere mostrò, parte nascose. Dalle quali apparenze non adescato il Tedesco, fece passare quietamente l'intero giorno della sperata guerra. Al dechinare del sole il re mandò a Neipperg un suo uffiziale, che, sotto specie di chieder pace o tregua, espiasse ne' campi la cagione delle ardite mosse della notte e del troppo senno del giorno. L'uffiziale, subito accolto e trattenuto negli alloggiamenti del generale tedesco, nulla scoprì, e recò a Gioacchino risposte cortesi, ma contrarie agli accordi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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