Ma diversi dai nostri erano i fati.
XC. Passò il r° di maggio in riconoscimento e provvidenze. A' 2, le legioni di d'Ambrosio e Livron mossero da Macerata verso il nemico; la legione Pignatelli Strongoli restò di riserva in città; la legione Lecchi vi arrivava da Filottrano; Carascosa fronteggiava Neipperg sul Cesano. Alcuni Tedeschi di Bianchi, allo sbocco delle nostre legioni, si ripararono da' dintorni di Macerata nei campi di Monte Milone, tra 'l Potenza e 'l Chienti; e di là furono, dopo non poca zuffa, discacciati. Ma, ordinati a scaloni, retrocedendo ingrossavano; sì che i Napoletani, avanzando, incontravano maggior pericolo e fatica. Uno dei nostri reggimenti, il terzo leggero, assali di fronte una posizione forte, fortemente guernita, e fu respinto; vi accorre il re, incoraggia i soldati, dietro di lui gli riconduce al nemico, e, perditore, si arretra: il generale d'Ambrosio è ferito; il posto, non espugnato di fronte, è subito raggirato e preso. Procederono le schiere napoletane per nuovi felici fatti d'armi sino a vista di Tolentino; ma poiché il giorno mancava, posero il campo dove era stata la guerra. I Tedeschi, che avevano combattuto validamente nelle prime ore, debolmente nel resto della giornata, perderono seicento uomini, metà morti o feriti, metà prigioni; ebbero i Napoletani cento feriti o morti; le forze combattenti erano eguali, ottomila soldati da ogni parte. Parve augurio felice; andarono corrieri a Napoli per dar quelle nuove amplificandole, ed al generale Carascosa per dirgli di tenersi in punto di attaccare Neipperg. Il qual Neipperg, ignorando per le distanze i fatti di Macerata, nulla operava per aiutare l'esercito compagno.
Fu lunga l'alba del 3, coperta da nebbia densissima, che nascondeva i due eserciti.
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