Nella notte nuove schiere tedesche vennero a Tolentino; e per la opposta parte la legion Strongoli giunse al campo, quella di Lecchi restò in Macerata, per la speranza di volgerla contro Neipperg, bastando tre legioni, nella mente del re, a vincer Bianchi. Ma, diradata la caligine, fu visto fortissimo il nemico (sedicimila uomini almeno) schierati sopra i colli che fan cortina alla città, poggiando il fianco destro al Chienti, il sinistro ad un monte aspro e diffrcile, ed avendo innanzi al centro due poggi, quasi sporgenti nelle nostre linee. Le quali obbliquamente ordinate dirimpetto al nemico, appoggiavano anch'esse la sinistra al fiume, la diritta al monte; dodicimila soldati. E frattanto il re, non perduta speranza di vincere il nemico più forte, lasciò in Macerata la terza legione; ed egli primo cominciò le offese.
Comandò che da' poggi più vicini fusse cacciato il nemico, e la Guardia speditamente lo discacciò. Le due ale della nostra linea mossero per meglio ordinarsi col centro, e Bianchi a quelle viste chiamò dall'ala diritta parecchi battaglioni a rinforzare il suo fianco sinistro, minacciato e men forte, il quale passaggio fu creduto da Gioachino principio di ritirata, ma presto conobbe che era novella ordinanza minaccevole a noi. Le formazioni de' Tedeschi erano più a difesa che ad offendere, e le nostre in contrario; ma Gioacchino, indebolita la prosunzione del mattino, non osava di affrontar la pugna, e per due ore i due eserciti rimasero guardinghi e inoperosi. Alfine, mosse il Tedesco ed assaltò quei poggi medesimi debolmente difesi poco innanzi: l'ala destra secondò vigorosamente gli assalti, la sinistra, perno di forze, restò ferma; poiché il nemico disegnava cambiar fronte, gettar noi nelle valli del Potenza, impadronirsi della grande strada, tagliarci da Macerata, da Ancona, dagli Abruzzi.
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