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      Ma i nostri battaglioni della Guardia combattevano valorosamente e sì che tre volte si rifecero le colonne degli assalitori, tre volte de' nostri. Guerreggiavano nella sottoposta pianura con prodezza eguale e con fortuna poco varia e vicendevole, ed ivi tra' molti Napoletani fu ferito il generale Campana, che in quel giorno e nel precedente avea bravamente combattuto. Le condizioni de' due eserciti erano mutate da che i Tedeschi, deposto il pensiero e 'l bisogno di difendersi, assalivano.
      In mezzo al combattimento il re spedì ordine al general Lecchi in Macerata di far marciare metà della sua legione per la sponda diritta del Chienti onde afforzare il nostro fianco sinistro, minacciare il destro al nemico ed occupar Tolentino; ma Lecchi ritardò il partire, e 'l generale Maio, capo delle schiere che alfine mossero, timido ed inesperto, lento al cammino, con lo sperato soccorso non giungeva. Il generale Aquino, che, dopo la ferita del prode in guerra general d'Ambrosio, guidava la seconda legione, diffidando della impresa, o contumace per indole, disobbediva al comando di avanzare i suoi reggimenti; sino a che minacciato ubbidì; e benché andasse in terreno montuoso, difficile ai fanti, impossibile a' cavalli, formò le sue genti a quadrati e distaccò spicciolate su la fronte del campo tre compagnie leggere; le quali, avanzando fino al piano non richiamate, né sostenute, oppresse da' cavalieri nemici, furono senza contrasto prigioni. Vidde il re quelle perdite, e corse con più impeto che senno alla vendetta; mentre ai precedenti disordini, che aveva pur visti, era stato paziente e trascurato. Ordinò che la legione di Aquino assaltasse il fortissimo fianco sinistro del nemico; ed Aquino, marciando in quadrati per quei terreni alpestri ed impediti, giunse al piano con le sue genti disordinate e confuse.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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