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      In Capua, all'uscire della prima legione napoletana per dar comode stanze al Tedesco, la plebe, non vedendo soldati che alle porte, si alzò a tumulto, ruppe le prigioni, e prorompeva in peggiori disordini se da pochi generali ed uffiziali non fusse stata repressa. La stessa prima legione, sino a quel punto disciplinata e ubbidiente, fuori appena della fortezza, sorda agl'inviti ed alle minacce de' capi, per molte vie si disperse.
      In Napoli la plebaglia, sotto il pretesto di allegrezza, tumultuava, e sebbene la Guardia di sicurezza trattenesse que' primi moti, chiaro appariva che in breve non basterebbe. Cosicché la regina pregando, per lettere, l'ammiraglio inglese a spedire in città qualche schiera a sostegno degli ordini civili, n'ebbe trecento Inglesi, per li quali sbigottirono i tumultuanti, tornò la quiete. Ed ella in quel mezzo imbarcò sopra vascello inglese con alcuni della sua Corte; e tre già ministri, Agar, Zurlo, Macdonald, e pochi altri personaggi, che, non confidando nelle promesse di Casalanza, fuggivano la temuta vendetta dei Borboni.
      Non più re, non reggente, non reggenza; la plebe accresciuta de' fuggitivi di Capua, che, sperando prede, arrivavano a torme nella città; i prigioni di Napoli tumultuosi, e le porte delle carceri non ancora abbattute ma scosse; la Guardia di sicurezza già stanca; gl'Inglesi pochi, i disordini maggiori; e, ciò che accresceva pericolo, vicina la notte: si era sul punto che la plebaglia prevalesse, quando, esortati da messi e lettere della municipalità, giunsero al dechinare del giorno alcuni squadroni austriaci, che, uniti alle guardie urbane, girando per la città e gastigando quegli che avessero di ribelli armi o segni, soppressero i tumulti e le inique speranze.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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