E se le promesse della legittimità si mostravano sincerità e non inganno, i popoli vi aderivano, ed oggi l'Europa riposerebbe da' suoi travagli.
Tale per cose e persone i re francesi lasciarono il regno.
III. Il congresso di Vienna per la guerra d'Italia mossa da Gioacchino nell'anno quindicesimo lo dichiarò decaduto dal trono di Napoli, e ristabilita la vecchia dinastia de' Borboni. Dipoi, cominciate le sventure dell'esercito di Murat, il re Ferdinando preparò armi di terra e mare per assaltare la Calabria; e proclami e decreti per lusingare i Napoletani; ma o tardi a muovere il re di Sicilia, o troppo celeri i precipizi dell'altro, quelle armi e quei fogli giunsero in Napoli quando la conquista era già compiuta dai Tedeschi. L'esercito siciliano, della non sua gloria superbo, fece tardo e pomposo ingresso, mentre dei proclami scemava il pregio la già pubblicata convenzione di Casalanza, Ma esercito ad esercito riunito faceva il re più potente; ed aggiunte ai trattati le promesse, più quetava il popolo e più sperava.
Dei cinque fogli del re, scritti in Messina dal 20 al 24 maggio, erano i sensi: pace, concordia, oblio delle passate vicende; vi traluceva la modesta confessione de' propri torti; parlavasi di leggi fondamentali dello Stato, di libertà civile, di formali guarentigie; e così vi stava adombrata la costituzione senza profferirsene il nome. Erano confermati gl'impieghi militari, mantenuti i civili, conservati i codici del decennio e gli ordinamenti di pubblica economia. Non dunque altrui dolore scortava il re al trono antico, e mille speranze di bene destavansi negli onesti.
Furono ministri il marchese Circello, veterano della monarchia assoluta, indôtto scolare di moglie indôtta; il cavalier Medici, estimato di fino ingegno, già due volte tenuto in carcere, come partigiano di libertà nel regno, di monarchia nella repubblica, uomo perciò di fama pregiata, ma varia; il marchese Tommasi, nuovo in Napoli perché ne uscì giovanetto, raccomandato dall'elogio ch'ei scrisse del Filangieri.
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