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      La stessa tattica mutò: nata da Gustavo, perfezionata da Federico, usata da tutta Europa guerriera, rispettata da Buonaparte, sperimentata in tante guerre, coronata di successi e di gloria, parve imperfetta; e la riformavano quattro generali, due di un esercito non mai guerriero, e due di un altro mai sempre vinto.
      IX. Così la milizia. Nell'amministrazione civile, confermati gli ordini municipali e provinciali, ma rivocato il Consiglio di Stato, restarono i consigli alle comunità, a' distretti, alle province, mancò al regno; e poiché ad esso annodavansi le fila della economia generale, restò la catena interrotta e lo Stato senza unità di amministrazione. Il nome gli fu cagione di morte; il consiglio di Stato borbonico, benché ozioso, era in mente del re Ferdinando il più alto magistrato della monarchia ed un consigliere, assai maggiore di un ministro; perocché ministri avea spesso nominati per necessità, non mai consiglieri se non per affetto: distinzione potentissima nell'animo regio, avvezzo a misurare l'autorità e 'l merito dei soggetti dalle concessioni del suo favore. Se dunque il consiglio di Stato del decennio si chiamava altrimenti, era forse mantenuto.
      Gioacchino lasciò imperfetta l'amministrazione: sebbene avesse il pensiero di migliorarla, gli mancò il tempo; preparava nuova legge allorché per Buonaparte uscito dall'Elba, e lui stesso mosso alla guerra d'Italia, restò interrotto il lavoro, che indi a poco perì affatto per la celere caduta di questo ardito monarca. Era gloria serbata al successore; ma questi, dando suo nome alle leggi di Giuseppe e Gioacchino, le confermò ciecamente; e maggiore odio gli nacque, avvegnaché i popoli attendono dai vecchi governi quiete, parsimonia, abbondanza, come da' nuovi gloria, imprese, grandezza.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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