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      Già traspariva l'odio pei murattisti, trattenuto dai comandi del congresso di Vienna; e vedevasi la modestia dei reggitori esser finta, varia, fugace, non assentita dalla coscienza.
      Nelle Piagine, torbido e popoloso villaggio della provincia di Salerno, viveva la famiglia Pugli, amante invero del cessato Governo, ma onesta. Alcuni tristi del paese tornati da Sicilia, avidi di sangue e di prede, assaltano un giorno festivo quella casa, che chiamano dei giacobini, la spogliano e incendiano, e, legando con funi tutti della famiglia di vario sesso ed età, li traggono nella piazza. Fanno sollecito apparecchio di aride legna, in gran mole disposte in giro, e vi chiudono nel mezzo non meno di cinque della nemica casa. Accendono le cataste, e quando la fiamma si dilatava, rovesciano le materie sopra quei miseri, che vivi bruciavano, o se alcuno tra le fiamme s'apriva un varco, vi era respinto. Quando i lamenti cessarono indizio di morte, estinguono il fuoco, e fu visto fra le ceneri miserando cumulo di cadaveri in attitudini varie e pietose: il prete Pugli aveva le braccia incrociate al petto; la donna, per materno zelo, distesi a terra due teneri figliuoli, gli copriva del suo corpo, tal che morti si rinvennero, ma non bruciati. Orrendo spettacolo!
      I rei, che stavano allegri e sicuri nel villaggio, furono imprigionati e condannati a morte dalla Commissione militare di Salerno, e subito il difensore viene in Napoli, parla al re, rammenta fatti antichi di que' condannati (atrocità di brigantaggio, ma servigi a' Borboni), dice la distrutta famiglia devota a Murat, nemica del legittimo re, ottiene la implorata grazia, e torna frettoloso in Salerno. Ma giustizia di Dio tanti ostacoli oppose al cammino, al parlare col re, al segnare il foglio, che giunse innanzi del rescritto l'ora fatale, ed undici condannati per mano del carnefice furono spenti.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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