Fu scelta per lo imbarco spiaggia recondita e molta notte; ma fosse errore o caso, andò la nave in altro luogo, ed egli, dopo un lungo aspettare e cercarla, vedendo che spuntava la prima luce, andò vagando tra boschi e vigneti; trovò a caso altro asilo, scampò altre insidie, ed alfine sopra piccola navicella fuggì di Francia verso Corsica, isola ospitale, patria di molti che un dì furono suoi seguaci nella guerra e compagni di gloria. Dopo due giorni di navigare sorse improvvisa tempesta, sì che, raccolta la piccola e sola vela latina, corse il legno per trent'ore a fortuna di mare. Calmato il temporale (e fu ventura perché il piccolo naviglio, in più parti sdrucito, non poteva reggere alle procelle), scoprirono altra nave più grande che veleggiava verso Francia; e raggiuntala, uno de' tre seguaci di Gioacchino dimandò con preghi al piloto di accoglierli, e per larga mercede menargli in Corsica. E quegli, o che avesse cuore inumano, o che temesse d'insidia o di contagio, rigettò con disdegno la richiesta. Ma volle fortuna che gl'infelici fossero raggiunti dalla corriera che fa continuo passaggio tra Marsiglia e Bastia: Gioacchino, a viso alzato, palesò il suo nome ai nocchieri, e soggiunse: "Io, francese, parlo a francesi; e, vicino al naufragio, dimando aiuto a chi naviga fuor di periglio". Fu accolto ed onorato da re.
XII. Nel dì seguente sbarcò a Bastia. La Corsica in quel tempo era sconvolta da discordie civili, parteggiando i borbonici, i buonapartisti, gl'indipendenti: delle quali parti la prima era poca e debole; le altre due, più forti, fidavano per novità di Stato in Gioacchino. Perciò le autorità dell'isola insospettivano; ed egli, per sicurtà e prudenza, passò a Vescovado, indi ad Ajaccio, sempre perseguito da' reggitori dell'isola e sempre difeso dagli isolani sollevati in armi.
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