Le quali popolari accoglienze lo rendevano allo stato di re, mostrandogli falsa immagine di fortuna, sì che spesso diceva: "Se popoli nuovi per me combattono, che non faranno i Napoletani! Io ne accetto l'augurio". Allora fece disegno, non rivelato che a' suoi più fidi, di approdare in Salerno, dove tremila del già suo esercito stavano oziosi e scontenti del Governo borbonico; passar con essi ad Avellino, ingrossare, procedendo, di soldati e partigiani; precorrere di tre giorni sul cammino di Basilicata le schiere tedesche, le quali forse movevano da Napoli per combatterlo; riempiere della sua fama tutto il regno; e non volgere alla capitale primaché il grido dei successi non avesse disordinato il Governo e spinto il timido Borbone alla fuga. Non prevedeva sventure, non curava pericoli, vietandolo naturale baldanza e lungo uso di fortuna e di guerra. Fra' quali pensieri raccolse una squadra di duecentocinquanta côrsi, fidi a lui, pronti a' cimenti, e noleggiò sei barche.
Prefisse il giorno al partire; ma poco innanzi di muovere, lettere del Maceroni da Calvi annunziavano ch'egli, portatore di buona nuova, era in cammino per Ajaccio. Gioacchino lo attese, e quegli, giunto il dimani, narrò brevemente i propri casi, e gli porse un foglio che in idioma francese diceva:
Sua Maestà l'imperatore d'Austria concede asilo al re Gioacchino sotto le condizioni seguenti:
1. Il re assumerà un nome privato: la regina avendo preso quello di Lipona, si propone lo stesso al re.
2. Potrà il re dimorare in una delle città della Boemia, della Moravia, o dell'Austria superiore, o, se vuole, una campagna delle stesse province.
3. Farà col suo onore guarentigia di non abbandonare gli Stati austriaci senza l'espresso consentimento dell'imperatore; e di vivere qual uomo privato sottomesso alle leggi della monarchia austriaca.
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