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      Se rifiutavano il crudele uffizio erano forse puniti (come voleva rigor di legge) colla perdita dell'impiego e la prigionia per tre mesi: e compravano a basso prezzo onorata fama; ma preferendo la disonestà, tutti accettarono, rendendo grazie a chi gli scelse, per la opportunità, ei dicevano, di dar pruova di fede al nuovo re. Ed erano crudeli all'antico, e speravano col nome di una virtù nascondere le turpitudini dell'opposto vizio. In una stanza del castello fu l'infame concilio adunato.
      In altra stanza Gioacchino dormiva l'ultimo sonno della vita. Entrò Nunziante quando già chiaro era il giorno, ma pietà non sofferse che il destasse; ed allorché per sazietà di sonno aprì le luci, quegli, composto a dolore, gli disse che il Governo aveva prescritto ch'ei fosse da un tribunale militare giudicato. - Ahi, rispose, io son perduto! il comando del giudizio è comando di morte. - Di pianto velò gli occhi, ma poi, vergognando, il respinse, e domandò se gli sarebbe permesso di scrivere alla moglie, al che l'altro con un segno (poiché sentiva l'animo commosso e soffocata la voce) accennò il sì, ed egli con mano sicura scrisse in francese:
     
      Mia cara Carolina, l'ultima mia ora è suonata: tra pochi istanti io avrò cessato di vivere, e tu di aver marito. Non obliarmi giammai, io moro innocente, la mia vita non è macchiata di alcuna ingiustizia. Addio mio Achille, addio mia Letizia, addio mio Luciano, addio mia Luisa, mostratevi al mondo degni di me. Io vi lascio senza regno e senza beni, tra numerosi nemici. Siate uniti e maggiori dell'infortunio, pensate a ciò che siete, non a quel che foste, e Iddio benedirà la vostra modestia. Non maledite la mia memoria. Sappiate che il mio maggior tormento in questi estremi di vita è il morire lontano dai figli.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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