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      Ricevete la paterna benedizione, ricevete i miei abbracciamenti e le mie lacrime. Ognora presente alla vostra memoria sia il vostro infelice padre. Gioacchino. Pizzo 13 ottobre 1815
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      Recise alcune ciocche de' suoi capelli e le chiuse nel foglio, che consegnò e raccomandò al generale.
      Fu eletto difensore il capitano Starace, che si presentò all'infelice per annunziargli il doloroso ufficio presso quei giudici. Ed egli: - Non sono miei giudici, disse, ma soggetti; i privati non giudicano i re, né altro re può giudicarli perché non vi ha impero su gli eguali: i re non hanno altri giudici che Iddio ed i popoli. Se poi sono riguardato qual maresciallo di Francia, un consiglio di marescialli può giudicarmi, e se qual generale, di generali. Prima che io scenda alla bassezza degli eletti giudici molte pagine dovranno strapparsi dalla storia di Europa. Quel tribunale è incompetente, io ne arrossisco. - Ma pure Starace lo pregava a comportare di esser difeso, ed egli allora con risoluto consiglio: - Voi non potrete salvare la mia vita, fate che io salvi il decoro di re. Qui non trattasi di giudizio, ma di condanna; e costoro che chiamano miei giudici, sono miei carnefici. Non parlerete in mia difesa, io ve lo vieto.
      Dolente partivasi il difensore, entrò il giudice compilatore del processo, e gli chiedeva, come è costume, del nome; ed altro dir volea; ma il prigioniero troncò il molesto discorso con dirgli: - Io sono Gioacchino Murat, re delle Due Sicilie e vostro; partite, sgombrate di voi la mia prigione. - Rimasto solo, chinò a terra il capo, incrociate al petto le braccia, gli occhi affissati sopra i ritratti della famiglia; al sospirar frequente, alla profonda mestizia palesava che asprissimo pensiero gli premeva il cuore.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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