La qual legge (per maggiore scherno di fortuna), dettata da Gioacchino sette anni innanzi, benignamente da lui sospesa in molti casi di Governo, fu, come ho detto, istromento della sua morte.
La sentenza venne udita dal prigioniero con freddezza e disdegno. Menato in un piccolo ricinto del castello, trovò schierato in due file uno squadrone di soldati; e non volendo bendar gli occhi, veduto serenamente l'apparecchio dell'armi, postosi in atto d'incontrare i colpi, disse ai soldati: - Salvate il viso, mirate al cuore. - Dopo le quali voci le armi si scaricarono, ed il già re delle Due Sicilie cadde estinto, tenendo stretti in mano i ritratti della famiglia, che insieme alle misere spoglie furono sepolti in quel tempio istesso che la sua pietà aveva eretto. Quei che crederono alla sua morte amaramente ne piansero, ma la più parte de' Napoletani ingannava il dolore, fingendo non so qual mendacio in tutti i fatti di Pizzo.
XVII. Questo fine ebbe Gioacchino nel quarantesim'ottavo anno di vita, settimo di regno. Era nato in Cahors di genitori poveri e modesti; nel primo anno della rivoluzione di Francia, giovanetto appena, fu soldato ed amante di libertà, ed in breve tempo uffiziale e colonnello. Valoroso ed infaticabile in guerra, lo notò Buonaparte e lo pose al suo fianco; fu generale, maresciallo, granduca di Berg e re di Napoli. Mille trofei raccolse (da secondo più che da capo) in Italia, Alemagna, Russia ed Egitto; era pietoso a' vinti, liberale a' prigioni, e lo chiamavano l'Achille della Francia, perché prode ed invulnerabile al pari dell'antico; ebbe il diadema quasi in dote della sorella di Buonaparte; lo perdé per ignoranza di governo. Due volte fatale alla Francia, nell'anno 14 per provvido consiglio, nel 15 per insano.
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