I sintomi erano spaventevoli: la faccia si scolorava, e subito ingialliva e scarnivasi, come di cadavere; si dilatavano le pupille, balbutiva il labbro, la lingua si copriva di cotenna bianca, o mostravasi arida, tremante, torta ad un lato, con striscia rossa nel mezzo, contornata di largo lembo giallastro; sete ardente, inestinguibile; brividi, deliri, demenza, e, fra tante cagioni di moto, immobile il corpo come morto. Spuntavano bubboni all'inguine ed alle ascelle; il ventre o il petto coprivano le antraci, che, se vivide e dolorose, erano indizio di salvezza, ma se pallide e scomparenti, di morte. Non forza di età o di sesso potea contro al male; era universale il pericolo e lo spavento: in tre, in cinque, in sette giorni gli appestati morivano; ma più fortunati coloro, e parecchi ve n'ebbe, che la furia del male in poche ore spegneva.
A' 23 novembre, come ho rammentato, la peste troncò la prima vita, e solamente a' 2 gennaio la città fu cinta; per quaranta giorni con libero traffico entravano ed uscivano uomini e merci, si spandevano nelle province, ne pervennero in Napoli. Ma fortuna o provveder divino volle salvo il regno e la Italia, perciocché non uomo o cosa, delle tante cose ed uomini usciti da Noia, era infetto di peste. Ma se pigre da principio le autorità della provincia, fu il Governo da poi diligentissimo, mandando commissari, soldati, provvedimenti, ed affidando la somma delle opere al generale Mirabelli, umanamente severo per zelo infaticabile, e di buona fama. La misera città fu chiusa da tre circoli di fossati, l'uno dei quali a sessanta passi, l'altro a novanta, ed il terzo (segno più che ostacolo) a dieci miglia; le ascolte guernivano que' ripari, e numerosi fuochi gl'illuminavano nella notte.
| |
Napoli Italia Noia Governo Mirabelli
|