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      - Si aprono le affollate genti e s'incalzano: i Vardarelli frettolosamente montano sopra i cavalli; ed allora le prime file dei soldati scaricano le armi, nove de' Vardarelli cadono estinti, due s'aprono un varco e dileguansi; gli altri venti, atterriti, abbandonano i cavalli, fuggono confusamente in un grande e vecchio edifizio ch'era alle spalle. La fama del loro coraggio e la disperazione, che lo accresceva, ritiene i soldati dallo inseguirli: accerchiano però l'edifizio, spiano, non veggono uomo né segno di fuga, entrano a folla le guardie, ricercano vanamente ogni loco; stavano maravigliate ed incerte, quando, dallo spiraglio di una cava, uscì colpo che andò a vôto; un soldato che vi si affacciò, per altro colpo fu spento: erano i Vardarelli in quella fossa. Vi gettano i soldati in gran copia e per lungo tempo materie accese; non esce da quell'inferno lamento o sospiro, ma più crescevano il fuoco ed il fumo. Si udirono contemporanei due colpi, e poi seppesi che partirono dalle armi di due fratelli, che, dopo gli estremi abbracciamenti, a vicenda si uccisero; si arrenderono altri diciasette, un ultimo si trovò morto ed arso.
      Informato il Governo, comandò che gli arresi fossero messi in giudizio per aver mancato alla convenzione del 6 luglio; e però in un sol giorno del maggio 1818 furono dal tribunale militare giudicati, condannati, posti a morte. Gli altri dieci, ancora fuggiaschi, in vario modo, in vari tempi furono distrutti; si spense affatto quella trista gente; non in buona guerra, dove tante volte fu vincitrice, ma per tradimenti ed inganni, cosicché nel popolo i nomi loro e le geste sono ancora raccontate con lode o pietà. I già imprigionati di Ururi tornarono liberi e premiati.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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