Ritornò il re, e seco venne il fratello Carlo IV, sovrano per venti anni delle Spagne, confinato a Roma dopo i rivolgimenti del suo regno, né tornato alla potenza e alle fortune per la caduta del nemico e l'innalzamento del figlio. Era stato in Napoli poco innanzi a diporto; dicevasi che ora venisse a permanenza. I due re fratelli davano segni di vicendevole amore; ed il pubblico ammirava quella, in cuor de' potenti, rara dolcezza di domestici affetti. Il duca di Calabria, indi a poco, andò a Roma, trovò inferma la regina di Spagna, e, vistone il fine, accelerò il ritorno in Napoli.
XL. Al termine di quell'anno istesso, il re mortalmente ammalò; e Carlo gli fece assistenza tenera e zelante. Palpitarono a quel pericolo i napoletani più accorti, per sospetto che il figlio mutasse in peggio gli ordini civili, giacché tenuto proclive al male, avverso alle blandizie di governo, intimo amico al Canosa. E dirò cosa non credibile, ma vera: i ministri del re morente laceravano la fama del successore. Ma quei guarì, ed ebbe feste sacre e civiche, dove i migliori ingegni rappresentarono l'universale contento con rime e prose, in grosso volume raccolte. Il re si diceva grato a que' voti pubblici; i ministri divolgavano che in breve farebbe cosa piacevole a' liberali; i liberali, fra le mille possibili felicità, fermarono il pensiero e le speranze nella Costituzione, quando si udì che Ferdinando aveva fatto recidere la coda de' suoi capelli a segno e documento de' mutati princìpi. Qui rammento, come ho riferito nel quinto libro, che la recisione della "coda", nel 1799, fu indizio di giacobinismo per la plebaglia, ed argomento e colpa ne' giudizi della Giunta di Stato; cosicché quella moda o vaghezza, che allora generò eccidi e pene, oggi, per il taglio delle chiome regie, suscitò, non contentezza e non riso, ma dolorosi ricordi.
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