XLI. Poco appresso infermò Carlo IV, e il re n'ebbe avviso frettoloso, stando in Persano a diporto di caccia; ma, troppo dedito a que' piaceri, o confidando della guarigione, non tornò alla città. Carlo, sollecito del fratello, ne dimandava a' circostanti, che, per confortare quelle ansietà di morte, accertavano vicino il ritorno del re; ma questi, per altre lettere, per altri messi, avvisato e fastidito, comandò che non si aprisse un foglio allora giunto, e non gli si parlasse del fratello prima della tornata da una caccia, pronta per lo indimani e sperata dilettevole dall'abbondanza di cignali e cervi da uccidere. Si obbedisce al comando. Venuti dalla caccia ed aperto il trattenuto foglio, fu letto esser Carlo agli estremi di vita, e sforzare il debole fiato dell'agonia per richiedere del fratello. Disse Ferdinando: - A quest'ora egli è dunque trapassato, io giungerei tardo ed inutile; aspetterò altri avvisi.
Subito vennero, e recarono che Carlo era morto; e poiché lo arrestarsi a Persano per diporto faceva pubblico scandalo, il re passò a Portici. La storia di Spagna dirà di Carlo IV l'indole e i casi; ma spetta a noi rammentare che nacque in Napoli l'anno 1748; che ne partì con Carlo suo padre nel 1759; che nella infanzia fu gradito, perché lieto e carezzevole; nell'ultimo della vita, buon fratello a Ferdinando, buono amico ai cortigiani che seco trasse di Spagna, e buon ospite re nella reggia straniera; che morì serenamente da cristiano cattolico nel 19 gennaio 1819.
Si fecero le esequie al sesto dì dopo la morte, serbando le ridevoli cerimonie spagnuole, così che da sei giorni era spento il re, ma si fingeva che vivesse, mangiasse, comandasse; chiudendo il cadavere nella tomba, tre volte era chiamato a nome, tre volte scosso e pregato a rispondere, onde paresse che per suo talento si partiva dal mondo, non soffrendo la regal superbia ch'egli cedesse al fato universale.
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