Erano tra le pene la prolungazione di servizio e le battiture. Ma se il servire è dato in pena, lo stato militare è considerato penoso, e si spegne lo splendore morale che fa lieti e forti gli eserciti. Le battiture sono certamente della trista famiglia de' supplizi; ma, poiché apportano e dolore ed infamia, sconvengono ad esercito che si compone per coscrizioni: diensi in guerra a chi fugge o si arretra o si nasconde, ché tanto infame è la viltà, che non vi ha pena che le accresca vergogna.
Si legge fra' delitti la insubordinazione, ma non l'abuso del comando. Eppure tutto è patto in società, debiti e diritti sono vicendevoli, all'obbedienza cieca degli uni è contraposto il comandar giusto degli altri. Il procedimento nei giudizi militari è conforme al civile; stabilire il giuri, far migliore il processo di contumacia e di calunnia, surrogare in molti casi al carcere la sicurtà, perfezionare il dibattimento, usare più giustamente il criterio morale, sono i desidèri dei sapienti nel procedimento penale; ma non si poteva attendere il compimento del codice militare primaché del comune. Come che tale lo "statuto" del quale parlo, egli è forse il migliore dei codici militari europei.
XLVI. Il codice di amministrazione, ordinamento essenziale e bramato, restò come innanzi disperso in molte leggi, decreti ed ordinanze, sì che i giudici amministrativi dipendevano, più che non mai, dalle voglie o interessi del Governo; ché se nel decennio il supremo arbitrio s'imbatteva talvolta negl'intoppi del Consiglio di Stato, oggi (quel Consiglio disciolto) non aveva freni o ritegno. Tanto incivili sono le pratiche delle quali ragiono, che per esse la saggia o libera amministrazione del regno è tenuta in odio.
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