Abbandonando il subbietto della Carboneria, nulla dirò de' suoi voti, o riti, o cerimonie, perché lo spirito e la sustanza delle politiche unioni non risiede in quegli aspetti, ma nello interesse degli uomini che le compongono. Perciò, a bene intendere quella setta, basterà dire, i carbonari essere i minori della società, che sostenuti dalle ragioni della uguaglianza civile, muovono spingendo verso i maggiori; il quale moto, nelle adunanze virtuose e costumate, tende alle democratiche instituzioni, ma nelle scostumate de' giorni presenti, ad invadere impieghi e potere, serbando i pretesti e il linguaggio di democrazia. Ora che scrivo (anno 1824) l'indole della setta è mutata; ma se in meglio o in peggio, lo dirò a suo luogo. Ripiglio il filo de' racconti.
LI. Questi ho lasciati al finire del 1819, quando, per cinque anni, ogni opera del Governo aveva destato nei soggetti scontentezza o dispregio; quindi fu spenta la persuasione di quel politico reggimento: perdita a' Governi estrema, ed indizio certo di vicina caduta. Tale è la persuasione di cui ragiono, che, dove stia nel popolo, pure le ingiustizie sono tollerate, e, dove manchi, la stessa giustizia è sospetta. Riandiamo, a sostegno di materia sì grave, la nostra più recente istoria. Nel 1790, governandosi Napoli a monarchia moderatamente assoluta, duravano parecchi errori di Stato, e mali usi antichi, ed eccessi di finanza, e conculcazione di giustizia, ed angarie di feudalità e di Chiesa; ma tanti pubblici danni restavano coperti dalla adesione del popolo. Per la rivoluzione di Francia le pratiche moderate di governo si volsero in dispotismo; cessò la persuasione in piccolo numero di soggetti, crebbe per ignoranza nella moltitudine; e perciò il Governo, meno legittimo, più forte, vidde i prodigi della sua potenza ne' tempi e alla caduta della Repubblica napoletana.
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