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      Perocché l'ardire col proprio pericolo è valore, coll'altrui è arroganza.
      Mentre l'uno così parlava, uscivano segni e voci di approvazione dal gesto e dal labbro dei circostanti; ma pure il Vicario chiese il voto aperto di ognuno, e tutti si unirono al proponente. Un solo suggerì d'introdurre nel decreto un motto di doppio senso, a fin di giovarsene quando, superate le attuali strettezze, rinvigorisse la monarchia; ma il principe, opponendosi, mostrò sdegno: disse che dagli inganni rifuggiva la religione del re e del Vicario. E senza sciogliere il Consiglio andò dal padre, tornò, riportò che il re confermava il parere dell'adunanza, e voleva che si riducesse a decreto. Furono sì brevi le dimore del principe, che non bastavano a riferire gl'intesi discorsi; e però i consiglieri sospettavano che il re, non visto, fosse presente al Consiglio. Il decreto, subito scritto e nella notte istessa pubblicato, diceva:
     
      La Costituzione del regno delle Due Sicilie sarà la stessa adottata per il regno delle Spagne nell'anno 1812, e sanzionata da Sua Maestà Cattolica nel marzo di questo anno; salve le modificazioni che la rappresentanza nazionale, costituzionalmente convocata, crederà di proporci per adattarla alle circostanze particolari dei Reali domini.
      FRANCESCO, Vicario
     
      Ma non bastò; perocché dicevano che, non il Vicario, ma il re dovesse sottoscrivere una legge che mutava lo Stato: nuovi tumulti circondarono la reggia, lo stesso decreto ricomparve firmato da Ferdinando; e così, riempite tutte le voglie delle genti sommosse, la rivoluzione acchetò; altri moti si alzarono. Erano gridi festivi; erano applausi centuplicati al re. Altra città dicevi Napoli al 7 luglio: l'antica speranza compita nel popolo, la calma ritornata nella reggia; è così, per conseguito bene, o per superati pericoli, universale contento.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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