Alle schiere soldate succedevano le milizie civili: cittadini quei militi, e di cittadina causa sostenitori, sentivano allegrezza onesta, e nei circostanti la spargevano, gridando "Evviva" alla Costituzione ed al re; il pubblico rispondeva "Evviva" ai militi; e quei saluti di onore, confusi insieme, si mutavano in suono festante, alto, universale, che non finì se non quando nuovo spettacolo si offerse l'abate Menichini e i suoi settari. Egli, vestito da prete, armato da guerriero, profusamente guernito dei fregi della setta, precedeva a cavallo sette migliaia di carbonari, plebei e nobili, chierici e frati, diffamati ed onesti; senza ordinanze, senza segno d'impero e d'obbedienza, mescolati, confusi. La qual truppa, non curante degli applausi altrui, da sé applaudivasi col grido: - Viva i carbonari, - tal che a vederla era brigata, non militare o guerriera, né veramente civile, bensì ebbra e festosa. Appena scoperta dai balconi della reggia, il Vicario comandò che ognuno attaccasse al petto il segno di carboneria, ed egli e i principi della Casa se ne ornarono i primi; fu seguìto l'esempio, e se qualcuno non era sollecito a provvedere i tre nastri (rosso, nero, turchino), gli aveva nella reggia vaghissimi, figurati a stella, dalla mano della duchessa di Calabria. Tanto poteva timore o arte di regno, o già inganno.
Finita la rassegna ed avviate le schiere agli apprestati alloggiamenti, andarono alla reggia Pepe, Napoletani, De Concilj. Morelli, Menichini, e subito corteggiati, passarono alla gran sala delle cerimonie, dove il Vicario gli attendeva. Si inchinarono sommessamente a lui che cortesemente gli accolse, e Pepe disse: - Quando giunsi al campo costituzionale la rivoluzione era fatta, e però fu mio pensiero dirigerla per il bene dello Stato e del trono.
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