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      Per allora si spedirono in Sicilia due editti del re, del Vicario, che impegnavano i buoni alla pace, minacciavano i ribelli; o promettevano di perdonarli, qualora senza indugio tornassero all'obbedienza. I Napoletani, dicendo due fogli essere debole rimedio e nessuna vendetta, sospettavano la lealtà del Vicario, tanto più che, nella devastazione dei palagi e delizie reali, gli appartamenti suoi e le sue ville furono rispettate; accusavano la Giunta e i ministri; volevano i generali Naselli e Church giudicati; diffidivano, spiavano. Il cielo preparava i futuri mali.
      XV. Cosi contristata la parte costituzionale, ritornò da Vienna il principe di Cariati, là spedito ambasciatore straordinario, e riferì l'inurbano accoglimento e gli atti ostili di quella Corte. Le ansietà esterne e le interne fecero trasandare, benché primario obbietto della rivoluzione, il discarico dei tributi, e volgere il pensiero alla ricomposizione dell'esercito. L'animo dei cittadini mostravasi voglioso e audace, la finanza pubblica era copiosa, i generali abbondavano, ed a parecchi fra loro non mancava uso ed arte di guerra; ogni detto ed ogni opera del Vicario e del re dimostravano il proponimento di sostenere il nuovo Stato; ed a tali apparenze di concordia e di forza, le menti leggiere superbivano, le sapienti non disperavano. Per formare. cinquantamila combattenti si richiedevano ventottomila nuovi soldati; e poiché le pratiche di coscrizione erano lente rispetto al bisogno, si invitarono a difendere la patria i già congedati dalla milizia, con editto che dichiarava volontaria l'iscrizione, breve il servizio, perché di sei mesi, grande il merito. Si aspettava da quello invito alcun soccorso ai bisogni; ma i congedati, avanzando le comuni speranze, corsero in folla ad ascriversi; le mogli e i genitori (freni mai sempre) furono questa volta stimoli alla partenza; si negligevano le domestiche dolcezze, le private faccende, lo stesso amore dei figli; ed allorché partiva un drappello di congedati, gli si faceva festa dalla città, gli si pregavano voti nelle chiese.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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