Prendevano il peso e la cura delle abbandonate famiglie le autorità del municipio e i cittadini presenti, tanto che in alcun luogo fu visto coltivato senza mercede il campo degli assenti. Assai più, assai prima dei provvedimenti, giunsero i congedati; e però che il troppo numero faceva peso ed impaccio, molti ne furono rinviati, e la necessaria parzialità cagionò invidia negli altri. Oltraciò, essendo angusti gli alloggiamenti ai venuti, mancando le vesti e le armi, vedendosi mal corrisposto il fresco zelo di quelle genti, nacque scontento pubblico, e si levarono i primi sospetti e le prime accuse contro il ministro della Guerra.
Frattanto l'esercito si accrebbe a cinquantaduemila soldati con saggia misura tra fanti, cavalli, genio, artiglieria; e benché da prima fossero poche le munizioni, meno le armi, più scarso il vestimento, a tutto fu provveduto con mirabile celerità. Si volsero al tempo stesso le cure alle fortezze. Civitella era stata smurata dai Francesi nel 1805, e Pescara dai Tedeschi nel 1815; però quei due già baluardi del regno, inutili alle difese, restavano monumento di nazional vergogna e di straniero barbarico dominio; Gaeta non avea riparato tutti i danni dell'assedio del 1806; Capua, rosa dal tempo, a parti a parti rovinava. Delle quali fortezze in breve tempo si restaurarono i bastioni e si accrebbero; si alzarono altre fortificazioni nella frontiera, così che ogni entrata nel regno fosse impedita e difesa; si ridussero a fortezze occasionali Chieti, Ariano, Montecassino; si tracciarono due gran campi, a Mignano ed Aquila, quello compiuto per opera del generale Carascosa, questo non mai cominciato per le improvvidenze del general Pepe. Altre linee, altre trincere, altri forti erano segnati nella Calabria e nella Sicilia.
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