L'armata sciolse le àncore al finir di agosto, e pochi giorni appresso arrivò in Sicilia: duemila fanti, guidati dal colonnello Costa, aggiravansi per lo interno dell'isola onde ritornare all'obbedienza i paesi ribelli, rassicurare i fedeli, contener gl'incerti. Il generale, per la più diritta via, marciava sopra Palermo con diecimila soldati, avendo unito alle sue schiere alcuni battaglioni di milizie calabresi, e parecchi drappelli volontari della Sicilia. In tutti gli scontri vinsero i Napoletani, che, sebben di numero minori, prevalevano per uso ed arte di guerra; ma sì poco e sì tardi si raccontavano tra noi le geste di Sicilia, che il popolo, credendole avverse, tumultuava. Si acchetò quando si volse a nuove cure di Stato, alla elezione del Parlamento.
XVII. I collegi elettorali furono affollati come in paesi di antica libertà; lo zelo del pubblico, infaticabile; il giudizio, severo; i primi offici della elezione erano sperati, non contesi; e se alcun mai pregava o consigliava per sé o per altri, subito palesato e accusato, si mutava in demerito quella preghiera o consiglio. Così oneste furono le prime congreghe, non così tutte le seconde e le succedenti: e però in alcune province, prepotendo la Carboneria, furono scelti a deputati i più caldi settari; ma tanto piccolo era il numero a confronto dei buoni, che la prima rappresentanza nazionale si direbbe opera di popolo già fatto alle Costituzioni. Di settantadue deputati erano dieci ministri della Chiesa, otto professori di scienze, undici magistrati, nove dottori, due impiegati del Governo, tre negozianti, cinque militari, ventiquattro possidenti: e fra tutti, due soli nobili. I collegi elettorali mostraronsi avversi all'antica nobiltà, cui spesso disonestamente impedivano il diritto comune di dare il voto.
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