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      All'ora stabilita il re, preceduto dai principi e principesse della Casa, standogli a fianco il Vicario del regno, uscì con magnifica pompa dalla reggia, percorrendo a passo grave di cerimonia la strada di Toledo, tra 'l popolo che a mille voci lo applaudiva, e spargeva fiori sul suo cammino, e liberava uccelli al suo sguardo, per doppio simbolo di allegrezza e di libertà. Fra questa gioia giunse in chiesa, ov'era tanto numero di spettatori, quanti nel vasto edificio a stento capivano. E frattanto così profondo era il silenzio, che pareva vacua la sala: sia che la maraviglia impedisse le voci, sia che ciascuno intendesse a scuoprire nel viso del re i secreti del cuore. Ma poiché si mostrò lieto e sereno, da mille e mille ripetuti "Evviva" fu rotto ed emendato il silenzio. Egli, fatta riverenza all'altare, saluto al pubblico, sedé in trono, mentre alla manca, sopra sgabello minore, sedeva il Vicario; e stavano in piedi a' suoi fianchi i grandi della Corte e il general Pepe. Il cavalier Galdi, presidente del Parlamento, ed il più anziano dei segretari si avvicinarono al trono, il primo portando in mano il libro degli Evangeli, l'altro il giuramento scritto: ed il re, levatosi, prese la carta, pose sul sacro libro la mano, e ve la tenne finché a voce alta ed intesa pronunziò il giuramento. E poi, rendendo saluti agli "Evviva" del popolo, nuovamente sedé.
      Il presidente profferì lungo discorso; e 'l re di tempo in tempo affermava col cenno. Finita la orazione, il Vicario si levò; e, preso rispettosamente un foglio dalla mano del padre, lo lesse: conteneva i sensi del re; i suoi precetti al Parlamento, le riforme ch'egli credeva necessarie allo statuto, il confine dei poteri del Parlamento, e 'l proponimento di sostenere le ragioni della monarchia costituzionale; ogni detto era sentenza di giustizia e di fede.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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