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      Ed è pur vero che i deputati, tirando esempio dal costume inglese, confondendo due Costituzioni di genio diverso, una invecchiata, l'altra nascente, credevano domma di libertà l'opposizione ai ministri, e li trattavano nemichevolmente. Il pubblico, nuovo anch'esso alle scorrevoli dicerie di tribuna, spesso credeva sentenza del Parlamento il voto audace o scorretto di un deputato. Queste erano le condizioni vere o apparenti dell'adunanza.
      Sua prima cura fu il mutar nome alle province, in Irpini, Marsi, Sanniti ed altri dell'antichità, essendo natura di popoli scarsi del presente ricordar le glorie del passato, e con vergognoso vanto mostrare le miserie della decadenza. Altre cose nuove ogni dì si proponevano, sempre grate alla moltitudine, perché il nuovo piace ai nuovi, onde il far poco nelle rivoluzioni è l'opera più difficile e più sapiente. La intera macchina sociale voleva mutarsi, per l'argomento che a popolo libero sconvengono le istituzioni della servitù; e così caddero l'amministrazione comunale, la provinciale, quella di acque e boschi: erano cadenti le amministrazioni del demanio, delle dogane, de' ponti e strade; altri sistemi si meditavano, giudiziario e finanziero. Opere di molti lustri e di pesato consiglio innovator momento distruggeva.
      E più crebbe il desiderio di novità quando le discussioni del Parlamento si temperarono alle opinioni momentanee degli ascoltatori, e dirò come. Nelle prime adunanze, dalle tribune del popolo si applaudirono alcune orazioni e sentenze, la quale mercede popolare fu grata agli oratori, gratissima al presidente, perché più spesso gli era diretta; ma di uso fatta diritto, si estese così, che sovente uscivano voci contrarie di plauso e dissentimento da quelle istesse tribune che si chiamavano giudizio pubblico, come che fossero popolate da pochi, guasti e insipienti.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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