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      Animata da quest'aura, una scintilla divenne incendio. Trattavasi del modo di proporre al re le riforme della Costituzione, allorché ad un deputato, che pur abbondava di senno, sfuggi dal labbro la dimanda: - Questa assemblea è costituita o costituente? - né altro disse. Gli scaltri fra' deputati e le popolari tribune accolsero la voce, la ripeterono, non più si parlò di riforme, ma il "costituita" o "costituente" era il subbietto tumultuoso delle parlamentarie discussioni. E poiché, divise le sentenze, senza nulla decidere passavano i giorni, il re, la Casa, i ministri, gli onesti sentirono spavento, ricordando la Costituente di Francia, la Convenzione, l'atroce giudizio e i primi fatti della cruenta rivoluzione francese.
      Altra sollecitudine sopravenne. La Carboneria, insino allora divisa in tante società, quante almeno le province, si strinse in una, sotto proprio reggimento, col nome di assemblea generale, che componevasi dei legati delle società provinciali. L'assemblea generale aveva un vasto edifizio nella città, sue leggi, sua finanza, suoi magistrati, ed un regolatore supremo col nome di presidente. Ella era sì potente che, spesso richiesta, soccorreva il Governo, come fu al richiamo de' congedati, allo arresto dei disertori, alla esazione dei tributi fiscali, alla leva delle milizie, ad altri bisogni dello Stato. Erano soccorsi e pericoli.
      Ed aggravò le condizioni del regno la vita privata del general Pepe, che, sceso dal comando supremo dell'esercito, senz'abito militare, senza pompa o segno di autorità, davasi argomento della caduta rivoluzione. Però tumultuando i partigiani suoi e i ribaldi, il Governo, a mal grado, lo nominò capo supremo delle milizie civili, ufficio immenso e nuovo, pericoloso alla monarchia ed alla libertà. Quelle milizie, già molte, si accrebbero smisuratamente.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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