E per l'altra parte, la convocazione in assemblea generale dei deputati delle comunità (uno per ognuna dell'isola), per decidere a maggioranza di voti della unità o separazione dello Stato di Napoli: in ogni caso, Costituzione della Sicilia la Costituzione di Spagna, e re, il re di Napoli; il governo della città, sino a che le sorti politiche dell'isola fossero incerte, commesso ad una Giunta di palermitani; le opinioni libere, sicure; i falli e delitti della rivoluzione, rimessi.
      Appena scritto il trattato, entrarono in città due battaglioni di milizia napoletana preceduti dal principe di Paternò, che tra mezzo alla plebe faceva segni di vittoria per sé, di ludibrio per l'avversa parte, indicando con gesto plebeo la scempiatezza dei Napoletani. Erano artifizi e verità. Il popolo, fra speranza e maraviglia, fu cheto e muto, i castelli trovati aperti e senza guardia ebbero presidio napoletano, i prigioni furon liberi, molte armi esibite, tutte deposte, l'esercito accampò fuori delle mura. Quell'anarchia, dopo vita lunghissima di ottanta giorni, fu spenta.
      XXI. La resa di Palermo, allegra per Napoli quando il telegrafo la segnò, fu poco appresso cagion di tumulto e di tristezza. Avvegnaché, pubblicato il trattato, si vidde che alla ribelle città erano concedute, come patti di pace, le condizioni medesime ricusate (come preghiere) agli ambasciatori prima che cominciasse la guerra; quasi l'esercito napoletano fosse perdente, non vincitore. Si aggiunse un foglio della città di Messina, diretto al Parlamento ed al Vicario, segnato da molti più noti cittadini, che diceva: - Il benefizio di unire in uno Stato le due Sicilie non è inteso che da pochi sapienti, ma la comune de' Siciliani, ricordevole delle ingiurie patite da' Napoletani, e vaga del nome d'indipendenza, credendo libertà l'esser sola, pronunzierà nell'assemblea generale la lusinghevole separazione.