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      Lo spirito del Parlamento era palese: di tre fazioni che lo componevano, una di troppo liberi, forte di numero, fortissima per aiuto delle popolari tribune, ma ignava, ineloquente; altra d'incuriosi dello Stato, provvidi dello avvenire, taciturna, inchinevole al bene, timidissima, nulla per proprio ingegno, potente negli scrutini, perché al computo dei voti più numerosa; la terza dei moderati, dove stavano la eccellenza del dire, l'altezza della mente, e dei pochi che la componevano primi per eloquenza Poerio, Borelli, Galdi, e per dotto scrivere Dragonetti, Nicolai. Nelle contese vinceva il terrore, perciocché la Carboneria dominava in segreto, tanto che alcun deputato non ardiva contrastare le passioni, benché sfrenate, di lei. E però i discorsi della tribuna nelle materie astratte erano alti, liberi e maravigliosi; nelle subiette, bassi e servili al popolo.
      Da tali cose derivò che la mediazion della Francia fu rigettata; che le riforme allo statuto invece di stringerlo alla monarchia lo allontanavano; che altri errori più gravi, dei quali opportunamente parlerò, resero impossibili gli accordi, certa la guerra. Le più importanti riforme da proporre al re (abbandonata col silenzio la pur tumultuosa questione di costituente o costituita) furono tre: il numero dei deputati accresciuti di due quinti, il numero dei consiglieri di Stato di due quinti scemato: regola per il Parlamento ed obbligo al re di scegliere i consiglieri per provincia. Ma l'una camera, la sanzione (in certi casi forzata) delle proposte leggi, la deputazione permanente, altri articoli nocivi o spiacenti al monarca, si confermarono.
      La finanza impoveriva, essendo grandi le spese per esercito ed armamenti addoppiati, minori le rendite, poiché, tolti alcuni tributi, altri minorati, e la Sicilia impuntuale per rivoluzioni e strettezze; poche le speranze, cadendo il credito per le minacce della guerra esterna; grave il bisogno, perché maturavano i pagamenti all'Austria ed al principe Eugenio: vergognosi patti accordati nel congresso di Vienna.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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