Ed il re, che già nei messaggi aveva scritto più volte che giustificherebbe la fidanza posta in lui, rispose: - Io vado al congresso per adempire quanto ho giurato. Lascio con piacere l'amato figlio alla reggenza del regno. Spero in Dio che voglia darmi tutta la forza necessaria alle mie intenzioni. - Dopo ciò, gli stessi deputati gli presentarono, per l'approvazione, le riforme alla Costituzione spagnola, e la scelta dei consiglieri di Stato; e il re promise di rispondere dopo consiglio. Difatti nel seguente giorno nominò i consiglieri; ma, usando la regia facoltà, disapprovò la proposta legge che stabiliva sceglierli per provincia. In quanto alle riforme avvertì che mancava il tempo all'esame di materia sì grave, sembrandogli pericoloso e sconvenevole trattar con fretta, per leggiero giudizio, le leggi che fissar dovevano le sorti eterne del regno.
XXVI. Affrettava il partire. Scrisse lettere al figlio, non pubbliche né da re, ma private, da padre:
Benché più volte io ti abbia palesato i miei sensi, ora li scrivo acciò restino più saldi nella tua memoria. Del dolore che provo in allontanarmi dal regno mi consola il pensiero di provvedere in Laybach alla quiete de' miei popoli ed alle ragioni del trono. Ignoro i proponimenti dei sovrani congregati; so i miei, che rivelo a te perché tu gli abbi a comandi regi e precetti paterni. Difenderò nel congresso i fatti del passato luglio; vorrò fermamente per il mio regno la Costituzione spagnuola; domanderò la pace. Così richiedono la coscienza e l'onore. La mia età, caro figlio, cerca riposo; ed il mio spirito, stanco di vicende, rifugge dall'idea di guerra esterna e di civili discordie. Si abbiano quiete i nostri sudditi, e noi, dopo trent'anni di tempeste comuni, afferriamo un porto.
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