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      Il general Filangieri, capo di quelle, fece pubblica dimanda di esser dimesso dall'esercito, giacché senza fallo e con dolore vedeva i suoi servigi sgraditi o sospetti. Ma il reggente non aderì; il popolo commendò la modestia del generale, che, già grato per la sua fama di guerra e per la onorata memoria del padre, crebbe in grazia della moltitudine. Si disse della Guardia che era suo debito custodire il re ne' tumulti, e fu ammirata. Ammontando tutti gli sdegni sopra i ministri, furono aspramente accusati nel Parlamento, e minacciati di pene gravissime; ma poco appresso, quattro assoluti, poi tutti. Frattanto per loro inchiesta erano già dimessi, ed il re innanzi di partire aveva nominato in lor vece il duca del Gallo, il duca Carignano, il magistrato Troyse, il general Parisi, e 'l marchese Auletta, tutti di grave età e venerati.
      XXVII. Si trattavano in Laybach le sorti di Napoli; erano in Napoli rallentati, per le credute promesse del re, gli apparecchi di guerra; il Parlamento al finir di gennaio fu sciolto; la Carboneria, diretta e scommossa da secreti agenti del Governo, non operava; l'indole del Ministero era pacifica e muta; vacuo di cure appariva il regno. Ma non cosi l'Italia: questa sciagurata, che ha libero il pensiero e la lingua, servo il cuore, pigro il braccio, in ogni politico evento scandalo, non forza; allor che intese le prime fortunate mosse di Napoli, si agitò; ed al crescer della rivoluzione, ed alla vantata felicità dei successi, il Piemonte preparavasi a soccorrergli; gli Stati di Roma ed altri minori alcun'opera compivano se a loro sostegno fossero uscite schiere napoletane o editti. Ma il Governo dichiarò che, contento di sé, non mirava gli altri Stati, e che il miglioramento delle sue costituzioni dipendendo dal voto unanime del popolo e dall'assentimento spontaneo del re, disdegnava le pratiche usate dalle rivoluzioni.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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