La moglie ed una giovane figlia furono prime ai sospetti; poi tutti della casa, e, come voleva età, sesso e misera condizione, proruppero in pianto, ed abbracciavano le ginocchia degli assassini; i quali ai lamenti più imperversavano, perché faceva pericolo il romore. L'infelice padre, rapito sotto gli occhi di tenera moglie e di nove figliuoli, quasi all'uscio della sua casa è trafitto di quarantadue punte, collo stesso pugnale: gl'infami si prestavano il ferro per incrudelir sulle spoglie.
Fatto noto il delitto, la città si spaventò, tanto più che falsamente si diceva essersi trovato scritto sopra cartello, chiodato in fronte al cadavere, "numero primo". Si citavano ventisei disegnate vittime, e perocché ciascuno a suo talento ne indicava i nomi, le fiere liste spaventavano innumerevoli cittadini. Crebbe il terrore al sentire preparato il misfatto nelle notturne adunanze di Carboneria, ed all'osservare il silenzio e la pazienza dei magistrati, non già per assentimento, ma per paura. Il cavalier Medici, nominato in molti fogli, fuggì sopra nave a Civitavecchia, indi a Roma; e l'alto nome, il pericolo, la fuga, i discorsi screditarono la rivoluzione di Napoli: non avvertendo gli uditori quanto egli fosse falso istorico di quei fatti, e cieco giudice. Il conte Zurlo, mal visto e minacciato, cercò asilo sopra fregata francese ancorata nel porto, e l'ottenne benevolo e riverente. Altri minori, non offesi né ricercati, ma timidi o nelle pubbliche rovine ambiziosi e speranti, fuggirono, come il duca di Sangro, tenente generale, che, avendo giurato a quel governo, e tirandone onori e stipendi, fu disertore. E, non pago di un sol delitto, trasse compagno un suo giovinetto figlio, tenente nell'esercito; il quale, insino allora innocente, fece contrasto alle voglie paterne, ma infine dall'obbedienza fu vinto.
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