CAPO TERZO
Guerra intimata, poi mossa. L'esercito si discioglie.
Ingresso a Napoli degli Austriaci
XXVIII. Giunsero le nuove, lungamente attese, del re, che riferiva il felice viaggio e la perfetta sanità; vantava i suoi cani che agli esperimenti di caccia superavano i bracchi dello imperator di Russia; nulla diceva degli affari di Stato. Ma quelle lettere, benché sceme di pubblico interesse e di regal decoro, furono partecipate al Parlamento a fin di sedare i popolari sospetti dal troppo silenzio eccitati. Lettere del duca del Gallo rapportavano ch'egli, prima in Mantova, ora in Gorizia, stava impedito di portarsi al congresso; mentre notizie officiali o private accertavano che l'esercito tedesco moveva dalla linea del Po. Ridestato il timore di guerra, romoreggiando i partigiani della rivoluzione, il reggente adunò consiglio per la difesa e nurse nuova inaudita discordia fra i generali convocati, che, uniformi nelle opinioni, disputavano l'anteriorità del pensiero. Fu nominato capo del primo esercito il general Carrascosa, il quale, cruccioso delle patite accuse, o prudente dell'avvenire, con simulata modestia rifiutava; fu capo del secondo esercito il generale Guglielmo Pepe, che, baldanzoso e confidente della vittoria, richiedeva il comando; quegli a stento, questi voglioso accettò. Stavano col Carrascosa i tenenti generali Ambrosio, Filangieri, Arcovito, Roccaromana, Pignatelli-Stròngoli; con Pepe niun tenente generale, perocché agli eguali dava tedio quel mal tolto impero. I due capi, l'uno verso l'altro liberi, penderebbero dal comando supremo del principe reggente, del qual era capo di stato maggiore il generale Florestano Pepe. Il primo esercito difenderebbe la frontiera del Garigliano, il secondo gli Abruzzi.
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