È mio desiderio, figlio carissimo, che voi diate alla presente lettera tutta la pubblicità che deve avere, affinché nessuno possa ingannarsi sulla pericolosa situazione nella quale ci troviamo. Se questa lettera produce l'effetto che mi permettono di aspettarne tanto la coscienza e lealtà de' miei popoli, toccherà a voi a mantenerne frattanto l'ordine pubblico, finché io possa farvi conoscere la mia volontà in una maniera più esplicita per il riordinamento dell'amministrazione.
Di tutto cuore intanto vi abbraccio, e, benedicendovi, mi confermo
Vostro affezionatissimo padre,
FERDINANDO
XXIX. Gli ambasciatori russo, austriaco, prussiano che attendevano il ritorno in Napoli del duca del Gallo, per notificare al reggente le dichiarazioni del congresso, uniti in quel giorno medesimo, recandosi alla reggia, presentarono le lettere dei loro sovrani. Benché tre gli ambasciatori, uno parlò, e delle tre lettere uno era il dettato, ad argomento di stretta concordia. Diceva che la rivoluzione di Napoli, nelle prime secrete trame, come nei mezzi e nel fine, offendeva i sistemi politici di Europa, minacciava la sicurtà dei Governi d'Italia, perturbava la pace universale, nuoceva col fatto e coll'esempio, era incomportabile dai reggitori dei popoli. Ma per oprare maturamente, avendo consultato l'esperienza ed il senno del monarca di Napoli, era stato necessità stabilire che un esercito austriaco, in prima linea, ed altro russo, in riserva, marciassero sopra quel regno, amichevolmente, se ritornava all'antica obbedienza, e da nemici se l'ostinato proponimento persisteva: e che, per pace o per guerra, vi rimarrebbe temporalmente un esercito tedesco in sicurtà del re, delle leggi, della giustizia.
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