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      Nel tempo stesso fu nominato ministro dell'Interno il cavaliere De Thomasis, già ministro di Marina, in luogo del marchese Auletta chiedente per vecchissima età di riposare.
      Ciò fatto, si trattò del sistema di guerra (col nome d'oggi "piano della campagna") ragionando due gravi quistioni. Combatteremo il nemico alla frontiera, o porteremo fuori la guerra? Qual sarà nel regno il punto obbiettivo del nemico? Io, trasandando le particolari opinioni che in poco discordavano, dirò, quanto saprò brevemente, le decisioni del Consiglio e i motivi. Rammentati gli avvantaggi del guerreggiare in terra straniera, prevalse che a milizie nuove, la più parte civili, aventi disciplina non salda e poc'arte di guerra, giovasse combattere a piccoli stuoli, nel proprio paese, aiutati dal loco, guerreggiando e agguerrendosi. Ed oltraciò, per la natura della napoletana rivoluzion dovendosi evitare per fin l'immagine dell'assalire, conveniva la pazienza di aspettare le offese, ed uscire a guerra, non per conquista o ambizione, nemmeno per impeto di giusto sdegno, ma solamente per difendere diritti, patria, casa e vita. Fu quindi stabilito che il genere di guerra sarebbe per noi difensivo; e di ciò informato il Parlamento, con decreto subitamente assentito dal reggente, dichiarò non riguardarsi nemico l'esercito austriaco se non quando nemichevolmente assaltasse la frontiera del regno.
      La seconda quistione fu più dibattuta, più incerta. Il tratto debole del confine è il terreno fra Ceprano e Sora, lungo il Liri; ma lo proteggon gli Abruzzi, tre province nei gioghi degli Appennini, tra i fiumi Tronto e Sangro. Quei monti avanzano, a canto le terre del papa, di cento miglia la frontiera del Liri, sì che dalle loro pendici si scende nelle valli del Tevere e Teverone, si minaccia Roma.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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