Così alla frontiera; e intanto altre linee si preparavano indietro. Era secondo il corso del Volturno e dell'Ofanto, alle origini dei quali fiumi siede la città di Ariano, allora mutata in fortezza. In questa linea era Napoli, che, sebbene inabile a difender sé stessa, difenderebbe potentemente il regno, perocché proponevasi di abbattere le sue tre basse castella, ostacoli non già, ma ricoveri al nemico e cittadelle contro il popolo; accrescere i baluardi di Sant'Elmo da contenere quattromila soldati; trasportare in Capri e Messina le armi, le macchine, gli arsenali, ogni strumento di guerra; ritirare coll'esercito il reggente, la sua Casa, il Parlamento, il Consiglio, gli archivi pubblici, i documenti della monarchia; t6rre alla città il prestigio pericoloso di sede di governo. E perciò dolorosa, ma non mortale sarebbe stata la perdita di Napoli; ed infelice acquisto al nemico, cui non basterebbero diciottomila uomini per contenere un immenso popolo, resistere alle offese di Sant'Elmo, respingere le facili sortite di quel presidio.
Sarebbe terza linea il terreno tra Cava ed Ariano per Sanseverino ed Avellino, e già un campo era segnato nei dintorni di Montefusco, dove la natura più dell'arte contrasterebbe al nemico; perciocché là i monti non seguono la legge ordinaria di catene primitive e contraforti, ma confusamente si aggruppano come se tremuoto gli abbia sconvolti, cosicché s'incontrano ad ogni passo inaspettati rivolgimenti, e torrenti ed angustie.
Perduta questa linea, si muterebbe il genere di ritirata, e l'esercito, diviso e sparso, marcerebbe per vie diverse nelle Calabrie, dietro Spezzano e Belvedere fortemente munite. Altra resistenza si preparava sopra i gioghi di Tiriolo, alto e stretto monte degli Appennini, le cui pendici finiscono nei mari Ionio e Tirreno.
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