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      Che la mattina del 7, colla schiera più poderosa, non aspettando l'aiuto ed il giungere dell'altra e discendendo i monti di Antrodoco, assaltò Rieti; ove i Tedeschi, ordinati a difesa, poi che viddero dubbietà e lentezza negli assalitori, uscirono dalla città in tre colonne, con una investendo la fronte, con altra il fianco della nostra linea, e tenendo addietro la terza, in pronto agli infortuni o alle venture della battaglia. Vacillarono le nostre giovani bande, si ritirarono le prime, non procederono le seconde; si confusero le ordinanze. Ed allora avanzò, prima lentamente, poscia incalzando i passi, ed alfine in corsa, un superbo reggimento di cavalleria ungherese, sì che, nell'aspetto del crescente pericolo, le milizie civili, nuove alla guerra, trepidarono, fuggirono, trascinarono coll'impeto e coll'esempio qualche compagnia di più vecchi soldati, si ruppero gli ordini, si udirono le voci di tradimento e "salvisi chi può"; scomparve il campo. Il generale Giovanni Russo, affaticandosi senza profitto a rattenere i fuggitivi, avanzò col piccolo suo drappello, scontrò il nemico, e, per breve combattere, lo spinse a ritirarsi. Proseguirono nella succedente notte i disordini dell'esercito: Antrodoco fu abbandonata; il general Pepe seguiva i fuggitivi; il messaggero, allorché parlava, credeva perduti gli Abruzzi. Fu questo il suo racconto; ma poco appresso per mille bocche disse la fama che il generale condottiero, inesperto, dagl'inattesi eventi sbalordito, paventò anch'egli e fuggì; non si fermò all'Aquila, non a Popoli, non a Solmona nol ritenne bisogno di riposo e di cibo, sempre cacciato dalla pungente memoria del 6 luglio.
      Dirò di lui quel che rimane. Primo dei fuggitivi, giunse in Napoli, dimandò ed ottenne (tanto ancora potevano audacia in lui, timidità nel reggente) la ricomposizione e 'l comando del secondo esercito: ma, peggiorando le cose pubbliche, si nascose; ed infine, preso il passaporto per l'America, s'imbarcò, partì. La colonna che doveva attaccar Rieti per la sinistra del Velino, visto il disastro della diritta, si riparò sopra i monti; le due legioni di Ascoli e Tagliacozzo, ignorando la cominciata guerra, stavano ferme nei campi; ma dopo il terzo di, avvisate dal grido pubblico, ritiraronsi frettolosamente, e i soldati, udendo i tristi casi e vedendo i segni della fuga, trepidando, fuggirono.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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