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      Sperati beni che non si ottennero; ed anzi bisognò ritirare dalla Cassa di sconto un milione di ducati, e vendere ducati cinquantamila di annuo frutto sulle inscrizioni, posseduti in maggior somma dalla finanza. Poco profittò il prestito forzato, nulla le vendite de' beni dello Stato. Doveva la Sicilia all'erario comune quasi metà dell'annuo tributo. Si pagarono alla casa Torlonia di Roma ducati seicentomila prestati nel 1816 per le ingrate spese del congresso di Vienna. Si mantennero gl'impegni coi Potentati barbareschi. Così che, a computare le sopradette somme, vedesi che nulla o poco disperse lo Stato per i casi di quel tempo; e frattanto ristaurò le fortezze da tempo immemorabile abbandonate, provvide armi nuove, fece alcun vantaggio a' popoli per la diminuita imposta del sale, e per lavori di guerra e guadagni nuovi. La finanza del 1821, succeduta al descritto tempo costituzionale, disse iniquamente che la povertà dello Stato, il debito salito a cinque milioni e mezzo di frutto da solo ottocentomila ch'egli era sotto i re francesi, le taglie di un buon terzo cresciute, gli stenti, la miseria delle famiglie, provenivano da' disordini e dalle fraudi dell'ultima rivoluzione; addebitandola delle spese de' congressi di Laybach e di Verona, delle regie profusioni ne' viaggi, de' doni fatti a ribocco per ricuperare la maestà del regno, del mantenimento per quattro anni de' presidi tedeschi, e dello spendere continuo per le spie, per la Polizia, le prigioni di Stato, gli ergastoli. Menzogne infami, che, palesate al mondo, ritornano a vergogna de' mentitori.
      Rimarrebbe a dire del Parlamento se dir si potesse in breve ciò che operò per apprestare la guerra e concitar lo zelo de' cittadini, premiare ogni virtù, fecondare le speranze, celebrare, non che i fatti onorevoli, le intenzioni di alcun merito futuro.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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