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      Il luogotenente del re, principe della Scaletta, minacciato e fuggitivo, i magistrati atterriti e nascosti, tutta la potestà in mano del Rossaroll.
      Il quale, rammentando per editto le parole del giuramento del re, che dicevano: "Se operassi contro il mio giuramento e contra qualunque articolo di esso, non dovrò essere obbedito; ed ogni operazione con cui vi contravenissi sarà nulla e di nessun valore", dichiarò legittime quelle mosse di popolo e di milizia, e, palesando i disegni suoi e de' settari, confidava che fossero secondati dalle genti dell'isola, benedetti da Dio, ammirati dal mondo. Diede comandi da generale a tutti i presidi della Sicilia per adunarsi a Messina, e nunci suoi e della setta furono spediti alle città dell'isola e della vicina Calabria per levarsi in armi. Ma non facendo, per suo poco senno e per le disordinate voglie de' seguaci, i provvedimenti necessari alla guerra ed al governo delle moltitudini, era quel moto, a vederlo, vasto, confuso; allorché, accresciuto dalla fama, fu riferito al re in Firenze mentre consigliava di governo col suo ministro.
      Ma nella Sicilia le città invitate a sollevarsi rifiutarono i domandati aiuti; de' nunzi, altri, scoperti, furono imprigionati, altri, cauti o infedeli, disobbedirono; le milizie, o non avvertite del comando del Rossaroll, o per comando contrario dei propri capi, non mossero. Allentava la foga; gran numero di cittadini nella stessa Messina si congregavano armati, prima in difesa di sé stessi, poscia in sostegno della quiete pubblica, e poco appresso per frenare ed opprimere i ribelli. Così che questi si divisero, e, pensando ciascuno a campar solo, chi fuggì, chi si nascose: il generale Rossaroll, dopo brieve disordinato impero, imbarcato da fuggitivo, andò in Ispagna; guerreggiò con infelice fortuna, ed alla caduta di quel governo costituzionale, si riparò in Inghilterra, e di là in Grecia, non per asilo o riposo, ma per combattere a pro di libertà. Giunto ad Egina, infermò e morì: lasciando fra le greche travagliate genti tre figliuoli, poveri, e, per tenera età, non atti agli stipendi della milizia.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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