Cinque tra loro, per amor di salvezza e per malvagità, denunciarono altri compagni, altri ricoveri, e disegni e speranze; così che varie sorprese e molti arresti seguivano. Ed allora gli ancora liberi, sperando salute da un generale sconvolgimento, passati gli avvisi alle società compagne dell'isola, si tenevano nascosti ed armati nei boschi, aspettando l'opportunità di prorompere. Ma il Governo, sapute o sospettate quelle opere e quelle speranze, accresceva rigori, faceva provvedimenti di sicurezza e prudenza; i presidi tedeschi si chiusero ne' forti della città, le milizie napoletane erano tenute in riserva nei quartieri; i loro capi, fidi al re, sospettando le proprie schiere stavano costernati e inquieti; la Polizia più che non mai era operosa e tiranna. Fra sollecitudini e dubbiezze sì gravi passavano i giorni.
IX. Inique leggi, pratiche inique, reggitori spietati ed ingiusti, passioni del popolo ardenti e ree, coscienze sfrenate generavano misfatti gravi e continui, famiglie intere distrutte, cento e cento vendette satollate. Né solamente nell'infima plebe, ma negli alti della società per natali o grado. Si udivano tuttodì preti ribelli ed uccisi, preti sicari di Polizia; ed uffiziali dell'esercito onorarsi del mestiero di birro, ed intendenti e comandanti di provincia straziar persone innocenti, e magistrati denunziatori in secreto, e poscia delle loro accuse giudici iniqui.
E tra casi tanto miserevoli ed orribili multiplicavano le condanne delle corti marziali e dei magistrati. Il giovine Mormile, non preparato al delitto, reo per impeto di un istante, privo di asilo, vagando nelle campagne intorno alla città, fu preso, e al terzo dì, nella piazza medesima dove egli aveva consolato il suo sdegno, fu spento.
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