Il calzolaio ne insospettisce, e, facile o tristo, rivela i dubbi a' ministri del loco. È arrestato il Morelli, e ad un punto conosciuto, e in catene spedito in Napoli. Egli e Silvati accrebbero l'importanza del cominciato giudizio di Monteforte.
Dicevasi che il processo discolpava gli accusati, e della voce lietamente sparsa indispettiva il Governo; così che, ad occasione di un decreto della Corte suprema, benigno a' rei, lo annullò, rimprocciò per pubblicate lettere quel magistrato, levò di carica il ministro di Giustizia cavalier De Giorgio, perché in sostegno delle leggi opponevasi a quel rigore; indi appresso surrogò al procurator generale Calenda, di onesta fama, il magistrato Brundisini, non curante d'infamia: e dagli esempi sbigottito il presidente Potenza, allegando causa di infermità, diè loco al supplente Girolami, ambizioso e perverso. Mancò il Potenza al maggior debito di magistrato, costanza nei pericoli.
Ma il dì prefisso al dibattimento quattro degli accusati erano infermi: due con febbre, un terzo di emottisi, l'altro di riaperte ferite di guerra al collo ed alla gota. Gli avvocati pregarono che si differisse, ma invano; i quattro infermi furono tratti per forza dal carcere al giudizio: l'uno chinava il capo al petto, ed appoggiava la persona, come moribonda, sul vicino; l'altro di febbre balbutiva e tremava; dava di bocca vivo sangue il terzo; e 'l quarto ne mandava dal capo, e ne bruttava le vesti. Deforme spettacolo Uno dei giudici, De Simone, si levò e disse: - Dimando al signor presidente ed al procurator regio se qui siamo giudici o carnefici? Il re, se fosse presente, biasimerebbe l'inumanità nostra. Io prego cogli avvocati che sia differito il giudizio.
| |
Morelli Napoli Silvati Monteforte Governo Corte Giustizia De Giorgio Calenda Brundisini Potenza Girolami Potenza De Simone
|