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      Erano costoro rei o timidi che stavano sospettosi ed armati nelle campagne, non entravano le città, mutavano le stanze, sempre liberi, ma di pericolosa libertà. Dopo l'editto, chi, secondo il proprio senno, restò più guardingo nei boschi, chi, fidando all'innocenza, si presentò per il giudizio, e cinquecentosessanta chiesero di partire. Ebbero i passaporti promessi e, stabilito il cammino ed il tempo, andò ciascuno nel prefisso giorno al confine del regno. Ma, impediti da' ministri pontifici, si adunarono nella piccola città di Fondi, ove il seguente giorno i commessi della Polizia e le genti d'arme li accerchiarono e condussero, prima nella fortezza di Gaeta, poi nelle prigioni della città. La Polizia fu lieta e superba del riuscito inganno: parecchi de' traditi furono giudicati e mandati alla pena, altri ottennero passare in Tunisi c Algeri. regni barbari e soli in questa età civile che dessero cortese rifugio ai fuorusciti. Il maggior numero, non giudicato e non espulso. restò in carcere, materia sofferente della tirannide, poi balestrata in mille guise dagli uomini e dal caso.
      Era tanto il numero de' napoletani proscritti o fuggiti, che se ne trovava in Italia, in Germania, in Francia, in Ispagna, in Inghilterra, in America, nelle città barbare, in Egitto, in Grecia; la più parte miseri, vivendo per fatiche di braccia o di mente; nessuno disceso a' delitti e alle bassezze che in età corrotta più giovano; nessuno ascritto ad infami bandiere contro i Greci. Si viddero casi miserevoli: figliuoli orbati di padre, in paese straniero abbandonati; padri orbati di figli morti di stento; un'intera famiglia (madre, moglie, cinque giovani figli) naufragata; altro, cacciato da ogni città, con moglie inferma, in stagione nemica, indossando due bambini, e reggendo il terzo per mano, andare alla ventura, cercando ricovero e pane; altri gettarsi volontari nel Tevere e morire.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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