Ma pure in questa età di tristizie pubbliche abbondarono le virtù private; e spesso gl'infelici trovarono ristoro a' bisogni, consolazioni alle sventure.
Fra tante spietatezze del Governo si vedeva in Napoli, con maraviglia, impunito il maggior delitto, il tentato più volte regicidio. Vi si credeva in quel tempo, reggendo la menzogna per la sua stessa immanità, ed accreditandola il re ed il figlio, desiderosi di giustificare i passati mancamenti e 'l presente rigore. Ma poscia il silenzio del Governo, il tempo, e la rivelatrice delle umane cose palesarono i veri fatti e la ignominia del mendacio e dei mentitori.
XIX. Chiamato il re a novello congresso in Verona, si destarono nel regno le speranze di miglior governo, conforti rinascenti di popolo afflitto spesso delusi. Il re in breve tempo si apprestò alla partenza e si mosse. Usciva dalla reggia quando il Vesuvio vomitava torrenti di fuoco, abbuiava il cielo per cenere, scuoteva intorno la terra; orrori e pericoli meno spaventevoli a noi, come frequenti. Giunse a Verona con sontuosa pompa, essendo genio dei Borboni magnificarsi per le ricche apparenze. In Napoli null'altro sapevasi del congresso fuorché offici scambievoli e riverenti, feste, cerimonie, diletti. Qualche cosa di Stato si conobbe al cominciar dell'anno 23 per la pubblicata circolare del congresso agli ambasciatori di tre potentati, russo, prussiano, austriaco. Diceva che, a richiesta del re del Piemonte, uscivano da quello Stato i presìdi austriaci, ed a richiesta del re di Napoli minoravano (da quarantaduemila a trentamila) nelle Due Sicilie. Parlando della Grecia, e biasimando la ribellione di quelle genti all'impero legittimo de' Turchi, palesava che la Santa Alleanza avrebbe inviato eserciti a sostegno della legittimità ottomana, se l'imperator delle Russie non avesse preso impegno di conciliare gl'interessi dell'umanità e dei troni.
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