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      L'autorità di quelle leggi venne dal re Carlo Borbone, il consiglio dal ministro Tanucci, la forza dal popolo.
      Virtù di governo, che più crebbero sotto il re Ferdinando. La chinea, le offerte, i tributi, tutte le note vergognose di vassallaggio, religioni degli avi nostri, furono sbandite da noi.
      Le dottrine libere di governo, sorte in Francia l'anno 1789, si viddero in Napoli prima che altrove accolte e divolgate. Quanti perciò morissero di supplizi, o penassero in lunga prigionia, ho riferito nel terzo libro delle istorie.
      E nel tempo stesso il popolo, ubbidiente alle leggi, arricchiva l'erario, ingrossava l'esercito, illustrava le insegne napoletane nelle guerre di Lombardia e di mare. Diresti che spietato governo crucciava parte de' soggetti, e nell'altra trovava ubbidienza ed aiuti.
      Male augurata guerra, in mal punto mossa, sconvolse lo Stato; delle colpe de' capi fece penitenza l'esercito, ammenda il popolo, che guerreggiando co' modi suoi rendé mesta e breve la conquista. Le arti guerresche de' popoli contro gli eserciti, trovate negli Abruzzi, afforzate anni appresso nelle Calabrie, furono poscia imitate dagli Spagnuoli ed Alemanni, orrende perché usate a sostegno di servitù, ma onorevoli quando combatteranno per buona causa.
      Quelle arti nel 1799 non bastarono contro i Francesi, che, vinto il popolo napoletano, l'ordinarono a repubblica. La nazione più si armò per sostenere le patrie instituzioni; e solamente piccolo drappello difendeva la libertà. Combatterono per mire contrarie, gli uni sostenitori de' diritti civili, gli altri delle proprie persuasioni, che nei popoli sono diritti: errava una delle due parti, ma in entrambe la causa era giusta, la guerra onorata.
      I seguaci di libertà furono oppressi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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