– Vogliamo la commedia, vogliamo la commedia!
Tutto fiato buttato via, perché i burattini, invece di continuare la recita, raddoppiarono il chiasso e le grida, e, postosi Pinocchio sulle spalle, se lo portarono in trionfo davanti ai lumi della ribalta.
Allora uscì fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d’inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra: basta dire che, quando camminava, se la pestava coi piedi. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, col lume acceso di dietro, e con le mani faceva schioccare una grossa frusta, fatta di serpenti e di code di volpe attorcigliate insieme.
All’apparizione inaspettata del burattinaio, ammutolirono tutti: nessuno fiatò più. Si sarebbe sentito volare una mosca. Quei poveri burattini, maschi e femmine, tremavano tutti come tante foglie.
– Perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro? – domandò il burattinaio a Pinocchio, con un vocione d’Orco gravemente infreddato di testa.
– La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!...
– Basta così! Stasera faremo i nostri conti.
Difatti, finita la recita della commedia, il burattinaio andò in cucina, dov’egli s’era preparato per cena un bel montone, che girava lentamente infilato nello spiedo. E perché gli mancavano la legna per finirlo di cuocere e di rosolare, chiamò Arlecchino e Pulcinella e disse loro:
– Portatemi di qua quel burattino che troverete attaccato al chiodo.
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Pinocchio Pinocchio Orco Arlecchino Pulcinella
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